Mercato Immobiliare I Trim 2022
Il mercato immobiliare italiano ha registrato nel 2021 un incremento del 34% delle compravendite in ambito residenziale rispetto al 2020, ma la follia bellica rischia di ridimensionare un quadro altrimenti positivo. È quanto emerge dal 1° Rapporto sul Mercato Immobiliare 2022 di Nomisma che analizza l’andamento del settore immobiliare in 13 mercati intermedi (Ancona, Bergamo, Brescia, Livorno, Messina, Modena, Novara, Parma, Perugia, Salerno Taranto, Trieste e Verona).
Nel 2021 + 34% delle compravendite in ambito residenziale, ma ora è forte il rischio di ridimensionamento a causa della guerra
Il contesto congiunturale del 1° Rapporto sul Mercato Immobiliare 2022 è ovviamente la guerra e le conseguenze delle sanzioni adottate dai maggiori Paesi occidentali nei confronti della Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. “Il rischio che l’apprensione degli operatori si trasferisca sugli indicatori di fiducia di famiglie e imprese è concreto, anche se la capacità di reazione dimostrata nell’ultimo biennio non fa escludere possa trattarsi di effetti destinati a risolversi in breve tempo. L’entità del ridimensionamento atteso è difficile da quantificare, ma il palpabile attendismo di queste settimane prevedibilmente si tradurrà in una perdita in termini di crescita del PIL non limitata a qualche decimo di punto percentuale”.
Ne deriva quindi, passando al mercato immobiliare, che “il mantenimento degli straordinari livelli transattivi raggiunti al termine del 2021, che fino a qualche settimana fa sembrava lo scenario più verosimile, appaia oggi una prospettiva ottimistica”. È in ogni caso prematuro azzardare ipotesi sulle conseguenze immobiliari della crisi ucraina; quello che è certo con il conflitto è il temporaneo deterioramento del clima generale di fiducia.
Il quadro macroeconomico: tre ostacoli e la “tempesta energetica perfetta” possono rallentare la crescita.
Il quarto trimestre si presenta positivo per tutte le economie (Germania a parte), con la previsione di crescita mondiale per il 2021 spinta al 5,9% e l’Italia nel gruppo dei Paesi che vantano i tassi più alti. L’Italia è tra i pochi Paesi, assieme a Stati Uniti e Cina, a vantare un segno positivo in tutti e quattro i trimestri del 2021. “Ma oggi è necessario fare i conti con la guerra, uno scenario umanamente terribile che avrà ripercussioni sui mercati.
Sono tre, in particolare, gli ostacoli che possono rallentare la corsa mondiale (e italiana): le materie prime, il costo dell’energia e l’inflazione. La carenza di materie prime non si attenua, alimentando preoccupazioni in molti comparti produttivi. La situazione risulta aggravata dall’aumento esponenziale dei prezzi energetici, che costringono alcune fonderie al fermo produttivo e rendono assai più costosi i costi della logistica. In altre parole, la guerra in Ucraina ha destabilizzato un mercato energetico, delle materie prime (rame, alluminio, nichel) e della logistica già altamente instabile, in particolare dallo scorso novembre, quando la Germania non ha autorizzato per motivi amministrativi l’attivazione del gasdotto Nord Stream 2. Il susseguirsi degli eventi di guerra sarà cruciale per comprendere i nuovi equilibri globali economici e politici”.
La crescita del prezzo del gas e il timore per l’inflazione
Anche in Italia, l’aumento dei costi energetici è strettamente connesso alla crescita del prezzo del gas, principale combustibile utilizzato nelle centrali termoelettriche. All’interno dell’Europa, l’Italia è da questo punto di vista il Paese più esposto. Il mix energetico italiano utilizza il gas (42%) come fonte principale, seguito dal petrolio (36%), con le rinnovabili in coda all’11%.
“La guerra in atto ha esasperato le problematicità del quadro, in particolare per le imprese che esportano in Russia o importano materie prima dalla Russia, ma in generale per tutto il nostro sistema produttivo, che vede i prezzi degli energetici ed i costi logistici lievitare senza sosta. Adesso il Paese è spaventato per l’alta inflazione quando, fino ad alcuni mesi fa, eravamo preoccupati per il problema opposto. Per anni, prima della pandemia, la bassa inflazione ha rappresentato una spina nel fianco dell’Italia.
Nonostante queste premesse, la mia lettura sulle aspettative vede un clima generale ancora positivo, che la contingenza internazionale ha certamente segnato, ma non ha fiaccato. Aspettative che sono ancorate alla crescita evidente registrata nel 2021”.
Nuovi scenari di mercato: l’impatto della guerra potrebbe intaccare gli straordinari livelli raggiunti nel 2021 e il clima di fiducia
Superata brillantemente la tempesta Covid-19 e gli scenari complessi che la pandemia aveva determinato a partire dal 2020, il mercato immobiliare italiano si trova ora ad affrontare le conseguenze di un’altra sciagura. Questo fattore incide sulle aspettative e sul generale clima di fiducia che coinvolge tutti i settori. “Le drammatiche vicende belliche tra Russia e Ucraina proiettano una luce sinistra non soltanto sui territori interessati dalle vicende militari, ma su scala ben più vasta. L’Italia risulta tra i Paesi più esposti, per proprie endemiche fragilità oltre che per consolidate relazioni commerciali con i protagonisti del conflitto. L’entità del ridimensionamento è ancora difficile da quantificare, ma il palpabile attendismo di queste settimane difficilmente potrà non tradursi in una perdita in termini di crescita del PIL non limitata a qualche decimo di punto percentuale.
Le ricadute sul mercato immobiliare: il temporaneo attendismo delle famiglie e degli istituti bancari
La reazione prevista sarà di temporaneo attendismo, sia da parte delle famiglie che degli istituti bancari, il cui orientamento potrebbe farsi più selettivo. Il binomio costituito da una domanda di acquisto esuberante e una politica creditizia espansiva, che aveva consentito al settore residenziale di superare l’ondata pandemica, potrebbe uscire ammaccato dall’impatto con la sciagurata vicenda bellica.
“Al 31 dicembre 2021 sono state effettuate poco meno di 798.000 transazioni, il 94% delle quali per abitazioni. Si tratta di dati non dissimili a quelli del periodo 2006/2007, nel pieno della fase ascendente del ciclo precedente”. Il mantenimento di questi straordinari livelli transattivi, che fino a febbraio sembrava lo scenario più verosimile, appare oggi una prospettiva ottimistica. A beneficiarne sono stati tutti i contesti territoriali, con un’accentuazione più marcata nelle localizzazioni periferiche e di provincia. “Al momento non ci sono segnali di rallentamento sulla domanda di acquisto, ma è tuttavia lecito aspettarsi una flessione rispetto agli straordinari livelli dello scorso anno (+34% rispetto al 2020), nonché una parziale attenuazione della spinta espansiva in atto sul fronte dei valori. L’esuberanza dell’attività transattiva del segmento residenziale ha restituito vitalità anche al mercato delle unità immobiliari d’impresa. Il perdurante eccesso di offerta su questo versante non ha, tuttavia, consentito un’inversione di tendenza anche sul fronte dei prezzi, che hanno proseguito, seppure con un’intensità più contenuta, la parabola discendente inaugurata già da molti anni”.
In questo contesto, il nuovo scenario internazionale impone una revisione di ogni analisi. “Il mercato immobiliare italiano, che aveva dimostrato una straordinaria capacità di Resilienza prima e Ripresa poi, si trova oggi esposto ad un nuovo shock esogeno, che rischia di scalfirne la solidità. Le evidenze che scaturiscono dai modelli previsionali restituiscono una prima parziale risposta del tributo imposto al settore dalla follia della guerra. Il timore, tuttavia, è che, a conti fatti, il prezzo da pagare possa risultare superiore” .
Il settore immobiliare corporate e gli investitori stranieri
Per contro, continua a risultare migliore, nel complesso, la performance del settore immobiliare corporate. “Archiviata la débâcle del 2020, quando il segmento aveva subìto le pesanti conseguenze causate dall’attendismo indotto dal Covid-19, si è rivitalizzato l’interesse degli investitori stranieri per il nostro Paese, con un volume di investimenti cresciuto di circa il 2,4% rispetto al 2020, attestatosi poco al di sotto dei 10 miliardi di euro. Ma ci sono margini per un’ulteriore crescita”.
Di certo, la pandemia ha prodotto una rottura rispetto al passato nelle preferenze che orientano la domanda immobiliare, favorendo uno spostamento sempre più verso localizzazioni periferiche, purché facilmente accessibili ai servizi e al mercato del lavoro. La ricerca di dotazioni accessorie, associate a condizioni di migliore accessibilità al mercato dal punto di vista economico, hanno determinato un impulso centrifugo, che sembra essere stato intercettato soprattutto dalle localizzazioni in grado di coniugare le aspirazioni di vivibilità con le esigenze di sostenibilità economica.
La domanda di abitazione al tempo della pandemia
La survey ha intercettato un radicale cambiamento nella composizione della domanda di abitazione al tempo e in seguito alla pandemia. “La domanda abitativa in crescita dipende sempre di più dall’ottenimento del mutuo ipotecario e deve fare i conti con un’offerta di alloggi sempre più anelastica, che si traduce in un aumento dei prezzi. Infatti, la produzione di nuove abitazioni e l’attività di ristrutturazione, pur risultando in crescita dal 2015, immette sul mercato quantità più che dimezzate rispetto ai livelli di 10 anni fa, nonostante il forte interesse proveniente dalla domanda di sostituzione alimentato in parte dai bisogni emersi nel periodo pandemico, ma più in generale da un patrimonio abitativo italiano sempre più obsoleto”.
Sul mercato, l’inversione della curva dei prezzi che, seppur lenta, appare generalizzata indipendentemente dal rango dei mercati urbani, venendo alimentata, oltre che dalla pressione della domanda, dalla pressione inflattiva in atto.
Anche l’esperienza recente conferma la rigidità con cui il mercato immobiliare italiano reagisce agli shock esogeni, adeguandosi con ritardo ai cambiamenti di scenario. Tale ritardo costituisce un fattore strutturale del nostro mercato, che si traduce in un allungamento dei tempi di ripartenza nelle fasi di ripresa ciclica.
Acquisto e locazione: prevale ancora il primo
La domanda di abitazioni che negli anni pre-Covid tendeva ad equi ripartirsi tra acquisto e locazione, nel periodo pandemico si è spostata verso l’acquisto. “Nel 2022 la domanda di acquisto si attesta al 56,3% contro il 43,7% della domanda di locazione, che tuttavia recupera 2,5 punti percentuale rispetto al 2021”. È dunque prevedibile che, alla luce della tendenza registrata nei primi mesi del 2022, si assista ad un progressivo riallineamento delle quote per effetto di un aumento della domanda di locazione.
“Il consuntivo annuale rappresentato dall’indice di performance residenziale del mercato delle compravendite, che fa sintesi dei KPI medi dei 13 mercati intermedi, ha fatto registrare un nuovo aumento dopo l’interruzione causata dalle incertezze che gravavano sul mercato nel 2020 e nei primi mesi del 2021. Tutti gli indicatori che compongono l’Indice hanno concorso alla sua risalita: la dinamica dei prezzi, in aumento, la convergenza tra prezzo offerto e prezzo richiesto e i tempi di vendita, entrambi in calo, l’aumento della domanda, che si è riflesso in un movimento espansivo delle compravendite”.
Passando alle dotazioni richieste dalla domanda emerge l’esigenza di un balcone/terrazzo, seguita dall’area condominiale privata, dall’ascensore, da un’elevata classe energetica e infine dal posto auto/garage. Scarseggia inoltre la disponibilità di immobili di taglio dimensionale compreso nella fascia 50-90 mq, mentre risulta carente l’offerta di abitazioni in vendita nei semi centri urbani.
“Come già evidenziato, il 2021 ha segnato il consolidamento della ripresa che si era avviata a partire dall’estate 2020; i mercati secondari che meglio stanno performando sono quelli di Trieste e Modena, con valori dell’indice di performance (che sintetizza l’andamento di cinque componenti che esprimono la dinamicità del mercato) prossimi a 0,8. Passando ai mercati delle unità immobiliari d’impresa, quelli che più hanno risentito degli effetti della pandemia sono Ancona, Modena e Trieste, con un indice di performance ancora negativo.
La variazione annuale dei prezzi delle abitazioni usate, che in Italia rappresentano il 75% del mercato delle compravendite residenziali, si è attestata all’1,2%, con un campo di variazione che va dal +3,2% di Modena al -1,1% di Salerno.
Di contro, il segmento dei negozi mostra ancora una tendenza riflessiva con eccezioni limitate a Ancona e Bergamo, mentre Trieste è la realtà che segna la flessione più marcata (-2,1% su base annua). A livello medio, le variazioni dei prezzi risultano pari al -0,1% nel segmento terziario e a -0,8% in quello commerciale”.
Fonte: Rapporto 1 Trim 2022 Nomisma